venerdì 12 agosto 2011

RISAIE, IERI E OGGI di Carla Deambrogi Carta


Chi, in piena estate, attraversa la Lomellina, il basso novarese e il basso vercellese vede, qua e la, piccoli gruppi di donne, ma anche uomini,curvi in mezzo alle risaie.
Qualcuno osserva: "Ma come, ci sono ancora le mondine? Ma non erano sparite?"
Le persone che oggi vediamo sparse in alcune risaie sono e non sono mandariso: infatti non fanno la classica "monda" ma fanno un lavoro di selezione.
La selezione è indispensabile in quelle risaie dove viene coltivato il riso da semente, mentre nelle risaie dove viene coltivato il riso per alimento, non tutti i risicoltori praticano la selezione.
Tra le pianticelle chiare del riso da semente nasce una pianticella rossastra e più alta del riso da semente: è il riso "crodo", così chiamato perché i suoi chicchi "crodano" cioè cadono e quindi bisogna estirparlo prima che "spighi" e riempia la risaia di semi indesiderati.
Il riso "crodo" è anch'esso un riso commestibile, ma non è "puro" come quello che noi usiamo oggi.
La selezione va fatta esclusivamente a mano perché gli erbicidi distruggerebbero anche il riso da semente. La selezione oggi viene fatta soprattutto da contadini e contadine cinesi.
La classica "monda" è durata fino agli anni "50, cioè fino a quando sono entrati in uso gli erbicidi.
Per la monda non bastavano le ragazze e le donne del posto. Per questo centinaia e centinaia di giovanissime ragazze del cremonese, del bresciano e dell'Emilia Romagna lasciavano le loro case per andare a lavorare nelle risaie. La monda durava circa 40 giorni, da fine maggio a metà luglio. La retribuzione giornaliera consisteva in un chilo di riso più un "tot" in denaro.
Intere giornate con i piedi immersi fino alle caviglie nell'acqua acquitrinosa, dove non mancavano le bisce; la schiena curva per estirpare le erbe infestanti, alcune delle quali, particolarmente dure, richiedevano un notevole sforzo,
Per difendersi dal sole le mondine portavano un foulard annodato sotto il mento e, sopra il foulard, la "caplina", il cappello di paglia a tese larghe.
Per difendersi dagli insetti e dai graffi di alcune erbacce, portavano vestiti con maniche lunghe e calze senza piede.
 
Lavoravano duramente, faticosamente e cantavano, cantavano sotto l'implacabile sole padano.
Tra le mondine "foreste" e i giovani del posto nascevano degli amori, destinati quasi sempre a finire con la fine della "monda". Mi viene in mente una canzone di Orietta Berti: "Amore mio non piangere se me ne vado via. Io lascio la risaia e torno a casa mia"
Le risaie ormai sono molto cambiate. Sulle rive non ci sono più gli alti alberi: sono stati abbattuti per lasciare lo spazio per il passaggio delle mieti-trebbiatrici che hanno sostituito il lavoro dei mietitori. Le mondine di oggi non cantano più: a cantare nelle risaie sono rimasti solo gli uccelli.
Carla Deambrogi Carta

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